Con il termine "stenosi" si fa riferimento al restringimento del diametro del canale vertebrale e/o dei forami intervertebrali a carico del rachide che viene comunemente riscontrato nell’imaging della colonna vertebrale, soprattutto negli anziani.
I livelli vertebrali più frequentemente coinvolti in questo tipo di patologia sono il tratto lombare e cervicale.
Negli ultimi 10 anni sono stati gestiti dal team oltre 500 casi di stenosi del rachide cervicale e lombare.
Con il termine "stenosi " si fa riferimento al restringimento del diametro del canale vertebrale e/o dei forami intervertebrali a carico del rachide ("stenosis" in greco significa "restringimento") comunemente riscontrato nell’imaging della colonna vertebrale, soprattutto negli anziani.
La conseguenza del restringimento – che può dipendere da diversi fattori – è la compressione del midollo spinale e/o delle radici spinali.
I livelli vertebrali più frequentemente coinvolti in questo tipo di patologia sono il tratto lombare e cervicale. A livello lombare soprattutto nel tratto L4-L5 (tra la quarta e la quinta vertebra lombare) e nel tratto L3-L4 (tra la terza e la quarta vertebra lombare). A livello cervicale interessa principalmente il tratto C3-C4 (tra la terza e la quarta vertebra cervicale), C4-C5 (tra la quarta e la quinta vertebra cervicale) e C5-C6 (tra la quinta e la sesta vertebra cervicale). I dati epidemiologici suggeriscono un’incidenza di 1 caso su 100.000 per stenosi del rachide cervicale e 5 casi su 100.000 per stenosi del rachide lombare. Raramente è coinvolta la colonna toracica.
Dal punto di vista fisiopatologico il restringimento spinale sintomatico può essere congenito o, più frequentemente, acquisito. Quest’ultimo può essere il risultato di malattie sistemiche, vale a dire endocrinopatie (come la malattia di Cushing o acromegalia), disturbi del metabolismo del calcio (tra cui iporartiroidismo e malattia di Paget), malattie infiammatorie (come l’artrite reumatoide), malattie infettive e lesioni tumorali. L’esame obiettivo è più spesso anormale nella mielopatia spondilotica cervicale. La diagnosi di stenosi spinale si basa sul quadro clinico corrispondente a cospicui cambiamenti causali identificati dalle tecniche di imaging, soprattutto TC e RM. È più probabile che altri test diagnostici ausiliari siano efficaci per stabilire una diagnosi differenziale (soprattutto in caso di claudicatio vascolare)
La stenosi lombare secondaria, la forma più diffusa di stenosi, può avere alla sua origine diverse cause:
Le forme degenerative non traumatiche di mielopatia cervicale rappresentano la causa più comune di compromissione del midollo spinale negli adulti e comprendono la mielopatia spondilotica cervicale, l’ossificazione del legamento longitudinale posteriore, l’ossificazione del legamento giallo e la malattia degenerativa del disco. Anche alcuni atleti hanno condizioni croniche, come la stenosi congenita, che in questo caso aumentano il rischio di gravi lesioni del rachide cervicale dopo traumi anche di lieve entità. È bene quindi preservare il più possibile la salute della colonna vertebrale evitando di sovraccaricarla e di sottoporla a sforzi eccessivi, adottando invece corretti atteggiamenti posturali.
Il quadro sintomatologico della stenosi cervicale varia a seconda del livello colpito, del numero di segmenti interessati e della presenza di sofferenza midollare. Tra i sintomi più frequenti ricordiamo:
Il quadro sintomatologico della stenosi lombare può essere molto variabile a seconda del livello di gravità della patologia (numero di segmenti interessati, vertebre coinvolte, gravità della stenosi). In generale, però, sono quattro i sintomi più rappresentativi di questa patologia:
La stenosi spinale tandem si riferisce al restringimento del diametro del canale spinale in almeno 2 regioni distinte della colonna vertebrale, più comunemente le regioni lombare e cervicale. Questa entità può essere un reperto radiografico asintomatico o può presentarsi con grave mielopatia e sintomi degli arti inferiori. La stenosi spinale tandem è una condizione comune presente fino al 60% dei pazienti con stenosi spinale. Può influenzare il processo decisionale del chirurgo quando si pianifica un intervento chirurgico alla colonna vertebrale cervicale o lombare e attualmente non c’è consenso in letteratura riguardo all’algoritmo di trattamento per l’intervento chirurgico.
Per porre una diagnosi di stenosi del rachide è necessaria la raccolta della storia clinica del paziente, corredata dalla sintomatologia percepita, mediante un’accurata anamnesi. Le indagini radiologiche che vengono effettuate per porre la diagnosi di questo disturbo sono, in particolare, la tomografia assiale computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica nucleare (RMN). Nel segmento cervicale la radiografia continua ad essere fondamentale, perché consente di valutare l’allineamento e le alterazioni ossee; è utile anche per il follow-up dopo il trattamento. La migliore risoluzione del contrasto fornita dalla risonanza magnetica consente di valutare i tessuti molli, inclusi i dischi intervertebrali, i legamenti, il midollo spinale. Il ruolo della tomografia computerizzata nello studio delle malattie degenerative è cambiato negli ultimi anni grazie alla sua grande risoluzione spaziale e alla sua capacità di rappresentare i componenti ossei.
I trattamenti conservativi si concentrano sull’attenuazione dei sintomi più importanti, in modo che il paziente possa condurre una vita normale o quasi; questi rimedi non annullano il restringimento del canale spinale, il quale, pertanto, persiste a dispetto delle cure. Tra i trattamenti conservativi abbiamo:
Il trattamento chirurgico per le stenosi del rachide prevede un intervento in anestesia generale mediante il quale si individua il livello (o i livelli nel caso di stenosi multisegmentale) da trattare. La fase di "decompressione" del canale vertebrale prevede l’asportazione di alcuni segmenti ossei prestabiliti per restituire al sacco durale e alle strutture in esso contenute lo spazio adeguato perché la compressione cessi. A livello lombare la decompressione viene eseguita per via posteriore. A livello cervicale, dopo attenta valutazione delle immagini radiologiche, è possibile scegliere la via posteriore o anteriore; quest’ultima prevede l’utilizzo di mezzi di sintesi (che possono sostituire il disco o l’intero corpo vertebrale).
Il quadro sintomatologico della stenosi varia a seconda del livello colpito, del numero di segmenti interessati e della presenza di sofferenza midollare. Tra i sintomi più frequenti ricordiamo: dolore, ipoestesia, parestesie, ipostenia, disturbi della deambulazione e dell’equilibrio, urgenza minzionale e disturbi sfinterici, claudicatio radicolare.
Generalmente il ricovero per questa malattia dura circa 1-2 giorni. Escludendo il day-hospital per effettuare tutti gli accertamenti e gli esami pre-operatori, il paziente viene ricoverato il giorno antecedente a quello previsto per l’intervento. In seguito all’operazione il paziente viene monitorato al fine di verificarne la ripresa dopo l’intervento e per escludere la comparsa di complicanze (fistola liquorale, infezioni, emorraggia ecc.). Una volta appurata la riuscita dell’intervento ed escluse complicanze acute, il paziente può tornare a domicilio per la convalescenza.
Il tempo di ripresa dipende dall’età del soggetto, dalle condizioni di salute preoperatorie, dalla sua capacità di recupero e dal rispetto delle prescrizioni alla dimissione. In assenza di deficit significativi il paziente può riprendere progressivamente le sue normali attività, fino a ritornare dopo alcuni mesi a svolgere anche la propria attività lavorativa. La presenza di deficit neurologici sposterà questo evento a dopo il periodo riabilitativo ottimale per il recupero funzionale. Generalmente la nostra Unità Operativa permette al paziente di alzarsi dal letto e camminare già il giorno successivo all’intervento. Molto spesso il paziente viene dimesso il giorno dopo l’intervento chirurgico
La decompressione del canale ristretto per via chirurgica non permette una recidiva, tuttavia possono presentarsi restringimenti in altri segmenti del rachide
In qualche mese il paziente è capace di tornare ad eseguire tutte le attività che eseguiva prima dell’intervento. Molto utile, a tal fine, è un programma di riabilitazione specificamente programmato per il recupero post-intervento, che prevede di aiutare il paziente nel recupero della funzionalità motoria totale. In certi casi i pazienti, infatti, vengono indirizzati presso centri riabilitativi specializzati, che prendono in carico il paziente nel primo periodo postoperatorio. Nella maggioranza dei casi, però, il paziente può eseguire a domicilio tutti gli esercizi riabilitativi necessari per il recupero funzionale. Possono essere eventualmente programmate RM o TC nel follow-up nell’evenienza di complicanze o persistenza del dolore.
Per richiedere informazioni per la prima visita neurochirurgica con il Dott. Paolo Ferroli potete consultare la pagina contatti.
"Voglio garantire sempre un rapporto umano con i miei pazienti: è ciò di cui ogni malato, e chi gli sta vicino, ha bisogno."
Tutti i termini riferiti alla neurochirurgia e il loro significato