La malattia di Moyamoya è una patologia cerebrovascolare che interessa i vasi arteriosi della base cranica che riforniscono il cervello, occludendoli lentamente.
La distinzione tra sindrome e malattia di Moyamoya è legata ai meccanismi che la causano.
La Neurochirurgia II dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano essendo specializzata nelle patologie neurovascolari ha una lunga esperienza nel trattamento di questa patologia, iniziata con le tecniche di rivascolarizzazione indiretta circa 15 anni fa e proseguita con le tecniche di microanastomosi e bypass.
La pianificazione preoperatoria con discussione multidisciplinare dei casi e valutazione delle immagini angiografiche e di Angio-TC per la scelta del vaso da utilizzare per la microanastomosi, l’utilizzo intraoperatorio della videoangiografia con verde indocianina e lo studio del flusso attraverso il software FLOW 800, permettono di ottimizzare i risultati di questa chirurgia.
La malattia di Moyamoya è una patologia cerebrovascolare che interessa i vasi arteriosi della base cranica che riforniscono il cervello, occludendoli lentamente.
La distinzione tra sindrome e malattia di Moyamoya è legata ai meccanismi che la causano.
Si utilizza il termine sindrome nei casi in cui il disturbo deriva da altre patologie o trattamenti.
Nel Moyamoya si verifica un progressivo ispessimento della parete dei vasi che lentamente porta alla loro occlusione.
Il processo occlusivo è legato ad una modificazione del processo di angiogenesi (processo di formazione e maturazione dei vasi).
Nella malattia di Moyamoya, uno dei tre strati che compongono le pareti delle arterie (chiamati dal più interno al più esterno: intima, media e avventizia) continua a crescere occludendo progressivamente il vaso.
Generalmente i vasi colpiti sono i grossi vasi della base cranica come l’arteria carotide interna e i suoi rami principali (arteria cerebrale media e anteriore).
Poiché questo processo avviene progressivamente e non in maniera improvvisa si ha lo sviluppo di una serie di nuovi vasi piccoli, fragili e tortuosi che cercano di sopperire alla carenza di sangue nelle aree in cui fatica a giungere.
I vasi neoformati tipici del Moyamoya si possono rompere facilmente provocando sintomi da emorragia intracranica.
Allo stesso modo i vasi interessati dal processo di ispessimento della parete sono molto suscettibili all’occlusione.
Il quadro neurologico può quindi essere determinato sia dalla mancanza di sangue (ictus ischemico/TIA) che dal suo spandimento all’interno del cervello da rottura (ictus emorragico).
La malattia di Moyamoya può interessare solo un lato del cervello oppure essere bilaterale.
E’ una malattia a base genetica (polimorfismi del gene RNF213), multigenetica (cromosomi 3, 6, 8 e 17) e multifattoriale, con varie modalità di trasmissione.
La malattia è più frequente nelle donne e ha una incidenza più alta in Giappone dove circa 1 persona ogni 32.000 ne è affetta, mentre nel resto del mondo è più rara con un’incidenza stimata inferiore a 1:100.000 abitanti. La malattia di Moyamoya vede due picchi d’incidenza: nell’ infanzia e nella terza-quarta decade di vita.
La patologia è più frequente nei soggetti con Neurofibromatosi 1 (NF1) e con la sindrome di Williams.
Con il termine di sindrome di Moyamoya si intende invece una forma acquisita di questa patologia a seguito dell’irraggiamento del cranio (es radioterapia), di traumi cranici e altre patologie (es. anemia drepanocitica).
La malattia di Moyamoya può manifestarsi sia con sintomi da emorragia intracranica sia da ischemia (TIA e ictus).
Il decorso può essere insidioso poiché i sintomi possono spingere verso altre patologie di più frequente riscontro.
I sintomi generici sonocefalea, crisi epilettiche, deterioramento del linguaggio e delle funzioni cerebrali superiori.
Più spesso compaiono segni/deficit focali acuti come l’emiplegia (paralisi completa di una parte del corpo) e, talvolta, l’emicorea (esecuzione di movimenti involontari e non controllati di una parte del corpo, per esempio un braccio).
Il quadro clinico può variare a seconda dell’età.
In particolare gli adulti soffrono più frequentemente di emorragie mentre i bambini di accidenti ischemici.
Questi episodi possono essere precipitati da eventi come l’iperpnea (iperventilazione).
La malattia può anche decorrere in maniera paucisintomatica ed essere misconosciuta per lungo tempo, ritardando quindi il trattamento.
La diagnosi di malattia di Moyamoya è guidata dal sospetto clinico dato dai sintomi e viene confermata tramite l’utilizzo di indagini neuroradiologiche.
Eventi occlusivi, ictus e TIA, in pazienti pediatrici senza altre patologie note a giustificarli, devono essere indagati per la malattia di Moyamoya, in quanto solitamente inusuali in questa particolare classe di popolazione.
Allo stesso modo, decadimenti cognitivi e delle funzioni superiori in pazienti giovani, nella terza e quarta decade di vita, soprattutto se donne, devono indurre il sospetto di questa patologia.
L’Angio-TC e la RM sono utili per la diagnosi, mostrando le alterazione dei vasi cerebrali e i residui degli eventi occlusivi.
La conferma della diagnosi però avviene solo con l’esecuzione dell’angiografia cerebrale.
L’Angiografia è un esame invasivo che prevede l’inserimento tramite una piccola incisione di un catetere a livello dell’arteria femorale a livello inguinale e l’iniezione di mezzo di contrasto. Esso fornisce immagini e informazioni uniche sul calibro e la distribuzione dei vasi cerebrali. È quindi possibile identificare il o i vasi che presentano con un restringimento del loro lume e i piccoli vasi neoformati che costituiscono i circoli collaterali di supporto. Oltre allo studio dei vasi intracranici, durante l’angiografia, è necessario lo studio dei vasi della carotide esterna, i quali irrorano la parte esterna del cranio, in particolare l’arteria temporale superficiale, che normalmente viene utilizzata per rivascolarizzare chirurgicamente le regioni encefaliche poco perfuse.
Una volta confermata la diagnosi di malattia di Moyamoya, l’intervento è spesso necessario al fine di prevenire lo sviluppo di nuovi sintomi e bloccare il peggioramento del quadro clinico.
Non esiste, al momento, alcuna terapia medica che sia in grado di bloccare il processo patologico alla base della malattia.
L’uso di antiaggreganti, come l’acido acetilsalicilico, può essere utile per ridurre l’incidenza dei sintomi e prevenire la formazione di coaguli. L’intervento chirurgico viene effettuato al fine di prevenire la comparsa di nuovi eventi ischemici e per ripristinare un buon flusso ematico al cervello.
La rivascolarizzazione che viene eseguita è generalmente duplice: diretta e indiretta.
La rivascolarizzazione diretta prevede di utilizzare un vaso arterioso come donatore, generalmente l’arteria temporale superficiale, che viene microsuturata al vaso cerebrale ricevente.
La rivascolarizzazione indiretta prevede l’utilizzo di tessuti irrorati dal circolo extracranico che vengono messi a contatto con il cervello ischemico per permettere la formazione di una cicatrice attraverso cui si formano vasi nuovi che possono arricchire la vascolarizzazione del cervello.
I tessuti donatori sono in genere il muscolo temporale, il pericranio, o la faccia esterna della dura madre.
Autori: Bedini G, Blecharz KG, Nava S, Vajkoczy P, Alessandri G, Ranieri M, Acerbi F, Ferroli P, Riva D, Esposito S, Pantaleoni C, Nardocci N, Zibordi F, Ciceri E, Parati EA, Bersano A.
Testata: Curr Med Chem
La Malattia di Moyamoya si manifesta generalmente con la comparsa di sintomatologia neurologica correlata al malfunzionamento del cervello per via della progressiva riduzione del flusso sanguigno o dell’emorragia da rottura dei piccoli vasi neoformati. Questa patologia può anche presentarsi con un progressivo decadimento cognitivo.
Il trattamento indicato è in genere la rivascolarizzazione tramite bypass diretto extra-intracranico. Generalmente il ricovero per questa procedura dura circa 5-7 giorni, in assenza di complicanze. Escludendo il day-hospital per effettuare tutti gli accertamenti e gli esami pre-operatori, il paziente viene ricoverato il giorno antecedente a quello previsto per l’intervento. In seguito all’operazione il paziente viene monitorato al fine di verificarne la ripresa dopo l’intervento e per escludere la comparsa di complicanze. Una volta appurata la riuscita dell’intervento ed escluse complicanze acute, il paziente può tornare a domicilio per la convalescenza.
La periodo della convalescenza dipende fortemente dall’età del soggetto e dalle sue condizioni di salute preoperatorie. Eventuali deficit insorti nel primo post-operatorio possono essere recuperati nel corso dei mesi successivi. Il tempo di ripresa dipende dalle condizioni di salute del soggetto e dalla sua capacità di recupero, in assenza di deficit significativi il paziente può riprendere progressivamente le sue normali attività, fino a ritornare dopo circa un mese a svolgere anche la propria attività lavorativa
Informazione non disponibile
La malattia è lentamente evolutiva e richiede quindi controlli clinici e radiologici periodici. In seguito a questo intervento vengono normalmente consigliate delle terapie riabilitative qualora il soggetto presenti dei deficit che possano giovarsi delle stesse. Il percorso post-operatorio viene quindi deciso per ogni singolo paziente.
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