Nevralgia Trigeminale

La nevralgia trigeminale è una sindrome da dolore neuropatico caratterizzata da un dolore improvviso – solitamente unilaterale (circa 95% dei casi) – molto intenso, spesso definito come trafittivo e ricorrente nel territorio di innervazione del V nervo cranico (n. trigemino) in una o più delle sue branche.

Tavola Anatomica

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Esperienza del team

<p style="text-align: justify;">L’esperienza del Besta nella chirurgia della nevralgia trigeminale è particolarmente ampia poiché l’<strong>Istituto si è sempre presentato come centro di riferimento per tale patologia</strong>. Migliaia sono gli interventi eseguiti sia percutanei che a cielo aperto. Anche la radiochirurgia viene comunemente utilizzata, quando indicato. La familiarità con l’approccio chirurgico a cielo aperto ha portato ad una progressiva riduzione e ottimizzazione dell’invasività e da almeno 10 anni (pari a centinaia di casi) l’intervento viene eseguito attraverso una piccola (pochi cm) incisione retroauricolare e piccola craniectomia (meno di due cm di diametro) retrosigmoidea. L’accesso sopracerebellare e le tecniche di chiusura durale e plastica ossea hanno portato ad una progressiva riduzione delle complicanze che si manifestano raramente e che, dal 2011, sono accuratamente classificate e monitorate, come in tutti gli interventi eseguiti dalla Neurochirurgia 2.

Che cos'è?

La nevralgia trigeminale è una sindrome da dolore neuropatico caratterizzata da un dolore improvviso – solitamente unilaterale (circa 95% dei casi) – molto intenso, spesso definito come trafittivo e ricorrente nel territorio di innervazione del V nervo cranico (n. trigemino) in una o più delle sue branche.
Tale dolore tende ad essere di breve durata, nell’ordine di secondi o minuti.
La sua insorgenza può essere spontanea o evocabile tramite stimoli altrimenti innocui (es. masticazione, stimoli tattili lievi come ad esempio quelli provocati dal farsi la barba o soffiarsi il naso o truccarsi). Tra un attacco e il successivo sono presenti dei periodi liberi dal dolore di durata variabile.
Dal punto di vista eziologico la nevralgia trigeminale veniva in passato suddivisa in due grandi gruppi a seconda che la causa fosse identificabile (tumori dell’angolo o sclerosi multipla) o non identificabile (forme cosiddette primitive o idiopatiche).

Le nuove metodiche di neuroimmagine (RM encefalo con tecnica cisternografica – la cosiddetta tecnica CISS o FIESTA) hanno dimostrato che, nel gruppo di quelle una volta ritenute idiopatiche, la stragrande maggioranza dei casi è dovuta ad un conflitto neurovascolare e, attualmente, la nevralgia trigeminale è considerata il prototipo delle sindromi irritative periferiche da conflitto.

Un conflitto neurovascolare (cioè una situazione anatomica particolare in cui la guaina mielinica oligodendrogliale centrale della zona di ingresso/uscita del nervo dal tronco viene alterata dalla cronica compressione) è, infatti, all’origine di circa l’80% delle forme tipiche che rispondono agli antiepilettici.
I restanti casi sono spiegabili su base infiammatoria autoimmune demielinizzante o compressiva legata a lesioni tumorali dell’angolo ponto cerebellare (neurinomimeningiomi, cisti epidermoidi, etc, etc) o vascolari (aneurismi fusiformi tipo dolicomegabasilare, microMAV, etc etc). Le alterazioni della guaina mielinica, di qualsiasi origine possano essere, conducono individui predisposti ad un’ipereccitabilità centrale (a livello del nucleo della radice discendente trigeminale nel tronco) che spiega le caratteristiche epilettiformi della sindrome dolorosa (accessi critici, zone trigger, periodo intercritico libero da dolore e periodo refrattario, risposta agli antiepilettici, etc etc).

Dal punto di vista epidemiologico questa patologia è considerata una patologia rara. Tende a colpire maggiormente le donne rispetto agli uomini con rapporto 2:1, l’incidenza globale è di circa 4 persone ogni 100.000 abitanti all’anno. Il picco di incidenza si ha tra la quinta e la sesta decade di vita.

I fattori di rischio finora identificati non sono molti, vista anche la patogenesi ancora relativamente poco chiara. Tra di loro son da annoverare:

• Malattie della mielina (principale fattore predisponente)
• Ipertensione
• Familiarità

Il coinvolgimento bilaterale è raro (5% dei casi) e tende ad essere più frequente nel sesso femminile e in coloro che presentano una storia di familiarità; inoltre è riportato un rischio più elevato di manifestare delle disfunzioni di altri nervi cranici rispetto alla popolazione generale.

Quali sono i sintomi

La nevralgia trigeminale è caratterizzata da un’ importante sintomatologia dolorosa che è localizzata ad una o più branche del nervo trigemino.
Tale dolore è descritto come lancinante e di forte intensità. E’ un dolore parossistico che compare all’improvviso, spontaneamente o in seguito a stimoli tattili anche lievissimi, descritto come una sensazione di scossa elettrica, o di bruciore, o di dolore da taglio o da trazione che si irradia in territorio trigeminale rispettando in modo assoluto il territorio di distribuzione del nervo, coinvolgendo una o più branche. La sua durata può andare da pochi secondi ad alcuni minuti.
Il dolore in alcuni casi è di intensità tale da poter indurre un’alterazione della mimica facciale. Possono esservi associati fenomeni neurovegetativi (arrossamento degli occhi, lacrimazione).
Dal punto di vista della frequenza il numero di attacchi nell’arco della giornata può essere molto variabile, da pochi o nessun caso durante le 24 ore fino a decine o centinaia. Tra gli eventi dolorosi si riscontrano solitamente degli intervalli liberi da malattia ma, nei casi più gravi ed importanti, può persistere una sensazione di dolore o bruciore.
In casi estremi si manifesta la cosiddetta sindrome da “male trigeminale” in analogia allo stato di male epilettico.
Particolari attività o stimolazioni di precisi territori cutanei possono andare a scatenare la sintomatologia dolorosa e prendono il nome di zone trigger o trigger point. I più frequentemente osservati risiedono nelle zone limitrofe al naso e alla bocca, mentre le attività vere e proprie che sono responsabili nel far precipitare il dolore sono la masticazione, il sorridere, parlare, radersi o consumare bevande particolarmente calde o fredde.

Come viene diagnosticato

La diagnosi di nevralgia trigeminale è solamente clinica e deve essere fatta dallo specialista basandosi su dei criteri sintomatologici ben definiti, quali:

  •  attacchi di dolore parossistico, riguardanti una o più branche del nervo trigeminale di una durata che può variare da pochi secondi ad alcuni minuti
  • presenza di aree trigger
  • assenza di deficit trigeminali o di disturbi neuropatici tipo disestesia
  • risposta agli antiepilettici

Le suddette caratteristiche contraddistinguono le forme tipiche che da conflitto neurovascolare. Le forme sintomatiche, quelle di lunga durata, quelle già sottoposte a trattamento chirurgico/radiochirurgico possono presentare aspetti di confine con il dolore neuropatico centrale o periferico più classico come: ipoestesia trigeminale, parestesie, disestesie, assenza di periodo libero da dolore, dolore urente continuo. Una volta effettuata la diagnosi basandosi sui dati clinici la radiologia è fondamentale per studiarne le cause e differenziare le forme primarie da quelle secondarie. La RMN è la metodica di scelta ed è necessario richiederla mirata sul decorso ed i rapporti del nervo trigemino, soprattutto nel suo segmento cisternale.

Come viene trattato

Poiché il decorso della malattia è molto capriccioso e presenta periodi di remissione e riacutizzazione spontanea, spesso si sente il malato attribuire effetti terapeutici speciali alle più fantasiose forme di trattamento, spaziando dalla rimozione dentaria, all’agopuntura, alla fisioterapia, alla pranoterapia, alla stregoneria, alle vitamine, etc etc.
Questo si spiega facilmente pensando che un trattamento “cronico” prima o poi, più facilmente nelle fasi iniziali della malattia, coinciderà con una remissione spontanea assumendosene i meriti. In realtà un effetto terapeutico reale e misurabile è attribuibile solo a farmaci della classe degli antiepilettici che costituiscono il fondamento del trattamento conservativo della malattia.
Nelle forme farmaco resistenti o nei pazienti in cui i farmaci inducono effetti collaterali tali da farli considerare come intollerabili, la chirurgia diventa la soluzione elettiva. In particolare la risoluzione di conflitto offre ottime probabilità di guarigione senza effetti collaterali e senza dover più assumere farmaci. Nei casi in cui anche questa soluzione non si riveli ottimale o nei casi in cui le condizioni del paziente controindichino un intervento a cielo aperto la radiochirurgia (gammaknife; cyberknife) o gli interventi percutanei (microcompressione con palloncino di Fogarty; termorizotomia; glicerolisi) offrono un’ ulteriore possibile soluzione.

Il razionale dell’intervento si basa sull’idea che l’anomala trasmissione nervosa sia dovuta ad alterazione a carico della mielina, in seguito al trauma meccanico indotta dalla cronica compressione degli assoni nella “zona di ingresso” del nervo nel tronco in cui la loro guaina mielinica è costituita non da cellule di Schwann, ma da oligodendrociti.
Tale intervento attraverso una minicraniectomia retrosigmoidea (dietro l’orecchio) permette di esporre il nervo trigemino e liberarlo da ogni sorgente di compressione.
L’effetto è più spesso immediato ed il paziente è in genere completamente libero dal dolore alla dimissione. Raramente il dolore richiede più tempo per risolversi.

Il numero dei fallimenti è variabile a seconda delle casistiche, ma generalmente inferiore al 5%. Negli anni seguenti si può manifestare una recidiva in circa il 15% dei casi.

Pubblicazioni

Autori: Broggi M, Acerbi F, Ferroli P, Tringali G, Schiariti M, Broggi G.

Testata: Acta Neurochir (Wien)

Autori: Ferroli P, Tringali G, Acerbi F, Schiariti M, Broggi M, Aquino D, Broggi G.

Testata: Neurosurgery

Autori: Broggi G, Broggi M, Ferroli P, Franzini A.

Testata: Acta Neurochir (Wien)

Autori: Franzini A, Ferroli P, Messina G, Broggi G.

Testata: Handb Clin Neurol

Autori: Ferroli P, Acerbi F, Tomei M, Tringali G, Franzini A, Broggi G.

Testata: Neurol Sci

Autori: Broggi G, Ferroli P, Franzini A.

Testata: Neurol Sci

FAQ - Domande frequenti

La nevralgia trigeminale si caratterizza per una sintomatologia dolorosa a carattere parossistico (cioè che compare improvvisamente ed è di breve durata) localizzata ad una o più branche del nervo trigemino. Il dolore può insorgere spontaneamente o in seguito a stimoli tattili anche lievissimi. Spesso viene descritto come una sensazione di scossa elettrica, o di bruciore, che si irradia in territorio trigeminale rispettando il territorio di distribuzione del nervo. La sua durata può andare da pochi secondi ad alcuni minuti. Il dolore in alcuni casi è di intensità tale da poter indurre un’alterazione della mimica facciale e possono esservi associati fenomeni neurovegetativi come arrossamento degli occhi, lacrimazione. Dal punto di vista della frequenza il numero di attacchi nell’arco della giornata può essere molto variabile. Tra gli eventi dolorosi si riscontrano solitamente degli intervalli liberi ma, nei casi più gravi ed importanti, può persistere una sensazione di dolore o bruciore. In casi estremi si manifesta la cosiddetta sindrome da “male trigeminale” in cui gli attacchi si susseguono senza soluzione di continuo, analogamente ad uno stato di male epilettico.

Generalmente il ricovero dura 3-4 giorni in assenza di complicanze chirurgiche e con un tempo di convalescenza molto rapido che permette di ritornare alla normale attività quotidiana dopo circa 3 settimane.

Il tempo di convalescenza dipende dalle condizioni di salute del soggetto, dalla sua capacità di recupero e dalla compliance alle prescrizioni alla dimissione. I disturbi legati alla deliquorazione, molto comuni nel primo post-operatorio, (cefalea, nausea, vertigini) in genere si risolvono entro i primi 7-10 giorni. La maggioranza dei pazienti riprende le proprie attività quotidiane entro le 3 settimane dall’intervento.

Sì. Nonostante questa sia la metodica più efficace, il tasso di recidiva si attesta nelle varie serie al 10-20% nel corso dei 10 anni successivi all’intervento.

Nella maggioranza dei casi i farmaci antinevralgici possono essere sospesi nei mesi seguenti l’intervento e spesso non è più necessaria alcuna cura. In caso di recidiva, si può ripetere l’intervento o si possono utilizzare metodiche alternative come quelle chirurgiche percutanee (Termorizotomia, Microcompressione con palloncino di Fogarty) o la radiochirurgia.