È una rara sindrome dolorosa che interessa il distretto cranio facciale (0,2-1,3% delle sindromi di dolore facciale) che si contraddistingue per una sintomatologia dolorosa molto importante, parossistica, che interessa i territori (chiamati anche branche) di innervazione dei nervi glossofaringeo e vago (chiamata infatti anche nevralgia vagoglossofaringea).
Si tratta di una patologia particolarmente rara per la quale si è accumulata un’esperienza di circa 20 casi negli ultimi 10 anni. La familiarità con l’approccio chirurgico a cielo aperto ha portato ad una progressiva riduzione e ottimizzazione dell’invasività e l’intervento viene eseguito attraverso una piccola (pochi cm) incisione retroauricolare e una piccola craniotomia corrispondente (meno di due cm di diametro) retrosigmoidea più bassa rispetto a quella che si utilizza per la nevralgia trigeminale.
Le complicanze legate a questo tipo di intervento si suddividono in specifiche ed aspecifiche, le prime dovute allo specifico intervento mentre le seconde sono intrinseche ogni volta che ci si sottopone ad un’operazione.
Tra le aspecifiche si ritrovano infezione ed ematoma mentre tra le specifiche si annoverano la recidiva, l’incompleta risoluzione dei sintomi, la paralisi del nervo, la difficoltà a deglutire (disfagia), variazioni nel tono della voce (disfonia) e la fistola liquorale.
Questa complicanza in particolare è divenuta molto rara grazie all’affinamento delle tecniche di chiusura durale e plastica ossea.
È una rara sindrome dolorosa che interessa il distretto cranio facciale (0,2-1,3% delle sindromi di dolore facciale) che si contraddistingue per una sintomatologia dolorosa molto importante, parossistica, che interessa i territori (chiamati anche branche) di innervazione dei nervi glossofaringeo e vago (chiamata infatti anche nevralgia vagoglossofaringea).
Dal punto di vista eziologico viene suddivisa in due forme:
• Primaria
• Secondaria
Le forme primarie (cosiddette forme idiopatiche) sono generalmente correlate alla presenza di un conflitto neuro-vascolare.
Le forme secondarie sono quelle causate da alterazioni organiche come tumori, malattie infiammatorie demielinizzanti, infarti parenchimali etc.
Gli episodi dolorosi possono essere di diversa intensità ,così come possono comparire deficit sensitivi per lesioni strutturali dei due nervi sopracitati.
Tale patologia si riscontra prevalentemente nell’età adulta (50 anni) e interessa con maggior frequenza il sesso femminile.
Le forme primarie sono quelle più comuni.
Il conflitto fra il nervo e i vasi sanguigni che lo comprimono alla sua origine dal tronco provoca un’alterazione della guaina mielinica (l’isolamento del nervo) che altera l’eccitabilità del nucleo a livello centrale e provoca gli attacchi dolorosi.
Il conflitto a livello della root entry zone (il tratto iniziale del nervo rivestito da oligodendrociti piuttosto che da cellule di Schwann), la zona in cui l’isolamento è più vulnerabile e delicato, costituisce un fenomeno comune a tutte le sindromi da conflitto.
I vasi più frequentemente coinvolti sono l’arteria cerebellare postero-inferiore e la vertebrale.
In situazioni speciali sia la vertebrale che la basilare possono assumere dimensioni fuori dal comune ed assumere un decorso particolarmente tortuoso (megadolicovertebrale/basilare) che rende l’intervento più complicato.
Nelle forme secondarie lo stesso meccanismo di progressiva demielinizzazione viene scatenato o da un processo infiammatorio di tipo autoimmune o da compressioni di altra origine (tumori).
I sintomi tipici della nevralgia glossofaringea sono costituiti da attacchi dolorosi molto intensi che colpiscono l’orecchio, la regione posteriore della lingua, la regione tonsillare, la laringe, l’orofaringe, l’interno del canale uditivo, l’orecchio medio e l’angolo della mandibola e che hanno durata variabile da pochi secondi a qualche minuto.
Il dolore è intensissimo, fino ad essere definito come lancinante o agonizzante e spesso viene descritto come qualcosa di simile ad una scossa elettrica.
Tale dolore è nella maggior parte dei casi monolaterale ma in rarissimi casi può interessare entrambi i lati del volto.
Spesso viene evocato stimolando delle zone chiamate zone trigger.
Gli stimoli che possono scatenarlo sono la deglutizione, la masticazione, lo starnutire, il soffiarsi il naso, lo sbadigliare, o in rari casi il consumo di cibi particolarmente caldi o freddi.
A seconda delle zone coinvolte si distingue nelle forma timpanica oppure orofaringea, anche se tali scosse possono interessare contemporaneamente le regioni oppure irradiarsi dall’orecchio all’orofaringe o in direzione opposta.
In circa il 10% dei casi, oltre ai classici sintomi, si verificano anche dei fenomeni vagali che, a seconda della gravità, possono portare dalla bradicardia, all’ipotensione, fino a quadri più gravi come sincopi, attacchi epilettici e arresto cardiaco.
L’intervallo tra gli attacchi nelle forme classiche è libero da sintomatologia, dolore o disfunzioni e la sua durata, andando da mesi fino ad anni, è irregolare.
La diagnosi si avvale dell’esame neurologico basandosi su anamnesi e esame obiettivo per definire il quadro sintomatologico del paziente e degli esami radiologici.
Se i segni e i sintomi sono suggestivi di nevralgia glossofaringea si possono andare ad eseguire indagini mirate, utilizzando particolari sequenze di risonanza magnetica (RM) dell’encefalo che sfruttano il contrasto fra il liquor e le strutture in esso contenute.
Tali tecniche dette cisternografiche (sequenza CISS o FIESTA), permettono di visualizzare con grande accuratezza l’emergenza dei nervi cranici.
Così facendo si è in grado di identificare un’eventuale conflitto neurovascolare e di definire l’eziopatogenesi della nevralgia
La terapia farmacologica si basa sull’utilizzo di anticonvulsivanti. La procedura chirurgica per le forme primarie è la decompressione microvascolare (MVD).
Tale manovra prevede di isolare il nervo dalle strutture vascolari limitrofe che ne provocano la compressione.
Poiché il decorso della malattia è molto capriccioso e presenta periodi di remissione e riacutizzazione spontanea, spesso si sente il malato attribuire effetti terapeutici speciali alle più fantasiose forme di trattamento, spaziando dalla rimozione dentaria, all’agopuntura, alla fisioterapia, alla pranoterapia, alla stregoneria, alle vitamine, etc etc.
Questo si spiega facilmente pensando che un trattamento “cronico” prima o poi, facilmente nelle fasi iniziali della malattia, coinciderà con una remissione spontanea.
In realtà un effetto terapeutico reale e misurabile è attribuibile solo a farmaci della classe degli antiepilettici che costituiscono il fondamento del trattamento conservativo della malattia.
I più utilizzati sono la carbamazepina ed il gabapentin.
Nelle forme farmaco resistenti o nei pazienti in cui i farmaci inducono effetti collaterali tali da farli considerare come intollerabili, la chirurgia diventa la soluzione elettiva.
In particolare la risoluzione di conflitto neuro-vascolare offre ottime probabilità di guarigione senza effetti collaterali e senza dover più assumere farmaci.
Il razionale dell’intervento si basa sull’idea che l’anomala trasmissione nervosa sia dovuta ad alterazione a carico della mielina, in seguito al trauma meccanico indotto dalla cronica compressione degli assoni nella “zona di ingresso” del nervo nel tronco (in questa regione cui la loro guaina mielinica è costituita non da cellule di Schwann, ma da oligodendrociti).
Tale intervento attraverso una minicraniectomia retrosigmoidea (dietro l’orecchio) permette di esporre il nervo e liberarlo da ogni sorgente di compressione.
L’effetto è più spesso immediato ed il paziente è in genere completamente libero dal dolore alla dimissione.
Raramente il dolore richiede più tempo per risolversi. Il numero dei fallimenti è variabile a seconda delle casistiche, ma generalmente inferiore al 5%.
Negli anni seguenti si può manifestare una recidiva in circa il 15% dei casi.
Autori: Franzini A, Messina G, Franzini A, Marchetti M, Ferroli P, Fariselli L, Broggi G.
Testata: Neurol Sci
Autori: Ferroli P, Franzini A, Pluderi M, Broggi G.
Testata: Acta Neurochir (Wien)
I sintomi tipici della nevralgia glossofaringea sono degli attacchi dolorosi molto intensi, parossistici, della durata variabile da pochi secondi a qualche minuto, spesso descritti come simili a scosse elettriche. Il dolore è confinato monolateralmente nella maggior parte dei casi. Spesso viene evocato stimolando delle zone chiamate zone trigger e gli stimoli che possono scatenarlo sono svariati e si ricordato tra i principali la masticazione, lo starnutire, il soffiarsi il naso, lo sbadigliare, o in rari casi il consumo di cibi particolarmente caldi o freddi. Le regioni tipiche in cui si localizza sono la regione posteriore della lingua, la laringe, l’orofaringe, il canale uditivo, l’orecchio medio e la regione dell’angolo angolo della mandibola. Raramente si associano crisi vagali con vere e proprie lipotimie.v
Generalmente il ricovero dura 3-4 giorni in assenza di complicanze chirurgiche e con un tempo di convalescenza molto rapido che permette di ritornare alla normale attività quotidiana dopo circa 3 settimane.
Il tempo di convalescenza dipende dalle condizioni di salute del soggetto, dalla sua capacità di recupero e dalla compliance alle prescrizioni alla dimissione. I disturbi legati alla deliquorazione, molto comuni nel primo post-operatorio, (cefalea, nausea, vertigini) in genere si risolvono entro i primi 7-10 giorni. La maggioranza dei pazienti riprende le proprie attività quotidiane entro le 3 settimane dall’intervento.
E’ più raro di quanto non accada dopo l’intervento analogo effettuato per la nevralgia trigeminale, ma, seppur raramente, può recidivare.
In genere non è necessaria alcuna cura poiché il disturbo cessa completamente nella maggioranza dei casi, nelle settimane successive all’intervento.
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