Malformazione arterovenosa

Una malformazione arterovenosa (MAV) consiste in una massa di vasi anomali non completamente sviluppati né in senso arterioso né in senso venoso e senza alcuna rete capillare interposta.

Tavola Anatomica

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Esperienza del team

Negli ultimi 3 anni circa 50 sono state le malformazioni arterovenose (MAV) gestite dal nostro centro. Dal punto di vista chirurgico l’applicazione delle tecniche videoangiografiche intraoperatorie innovative con verde indocianina ha costituito uno dei principali campi di ricerca ed ha portato alla stesura di varie pubblicazioni scientifiche di impatto internazionale.

Che cos'è?

Una malformazione arterovenosa (MAV) consiste in una massa di vasi anomali non completamente sviluppati né in senso arterioso né in senso venoso e senza alcuna rete capillare interposta.

Le MAV sono delle patologie congenite che si sviluppano in epoca fetale per un’ anomalia di sviluppo dei vasi cerebrali. La malformazione artero venosa si compone di una parte centrale formata da un gomitolo di vasi anomali (nidus), da una o più arterie afferenti che riforniscono di sangue la malformazione e da una o più vene che drenano il sangue dalla stessa. Poiché tra la parte arteriosa e quella venosa non c’è alcun letto capillare interposto, i vasi sono sottoposti a una forte pressione che causa una dilatazione della parte venosa con conseguente aumentato rischio di sanguinamento. Nello spazio frapposto tra il gomitolo di vasi che compongono la malformazione artero venosa si trovano residui di tessuto cerebrale atrofico e tessuto gliale (ovvero cicatriziale).

Le MAV solitamente si collocano nel territorio distale di una grande arteria cerebrale oppure nei territori di confine tra due vasi arteriosi. Nell’80% dei casi sono site a livello degli emisferi cerebrali, nel 15% si trovano a livello della fossa cranica posteriore e nel restante 4% si trovano a livello del midollo spinale.

Le dimensioni del nidus possono variare da pochi millimetri a molti centimetri fino a interessare un intero emisfero cerebrale. Possono assumere forma piramidale con base a livello della superficie del cervello e apice rivolto verso il basso in prossimità di un grosso vaso venoso.
La prevalenza nella popolazione è di circa 15-18 ogni 100.000, un’incidenza di 1/100.000 con i maschi più affetti rispetto alle femmine.

La sintomatologia normalmente si manifesta tra i 20 e i 40 anni di età, nel 25% prima dei 15 anni e il 50% dei casi prima dei 30 anni.

Quali sono i sintomi

Le MAV sono patologie generalmente silenti che possono dare segno di sé tramite la comparsa di episodi epilettici o segni di emorragia intracranica o subaracnoidea.
Il primo sintomo di una malformazione artero venosa di solito è una crisi epilettica o un episodio di emorragia intracranica. Tra gli altri sintomi correlati a una malformazione artero venosa cerebrale troviamo:

  • Cefalea
  • Deficit neurologici focali (emiparesi, emiplegia, emianopsia, disturbi della parola, segni e sintomi cerebellari)
  • Ictus
  • Disturbi psichici (come decadimento mentale lentamente progressivo)
  • Ipertensione endocranica

Le MAV localizzate a livello spinale (rare) si manifestano solitamente con un quadro progressivamente ingravescente di dolore alla schiena (di solito all’altezza della malformazione artero venosa), parestesie (formicolii), deficit di forza agli arti inferiori, disturbi della minzione e defecazione.

Il rischio di sanguinamento delle MAV si attesta intorno al 2-4% per anno. Questo rischio può variare a seconda delle caratteristiche della MAV come la pressione nei vasi che la compongono, la dimensione e la localizzazione. Il rischio di ri-sanguinamento è stimato intorno al 6% per il primo anno e per poi ritornare a quello basale.

La rottura di una MAV presenta una mortalità del 10% e un rischio del 25% di danni permanenti.

Le MAV sono responsabili di circa l’1-2% di tutti gli ictus (del 3-4% nei giovani adulti).

Come viene diagnosticato

La diagnosi di MAV si effettua eseguendo indagini radiologiche come TC e RM dell’encefalo (o al midollo spinale quando si sospetti una localizzazione in questa sede) e angiografia.
Ai fini diagnostici ci si può avvalere di un TC encefalo con iniezione di un mezzo di contrasto particolare che migliora la visualizzazione dei vasi del cervello detta Angio-TC.
La RM dell’encefalo, grazie al suo maggior potere risolutivo, consente di visualizzare meglio la malformazione e dare informazioni aggiuntive e più precise sulla posizione e sulla struttura.
L’Angiografia è un esame indispensabile per lo studio delle MAV. Benché sia un esame invasivo che prevede l’inserimento tramite una piccola incisione cutanea di un catetere a livello dell’inguine (arteria femorale) o a livello del braccio (arteria radiale) e l’iniezione di mezzo di contrasto, esso fornisce immagini e informazioni uniche riguardanti il flusso e la precisa morfologia dei vasi afferenti ed efferenti, del nidus e la presenza di eventuali aneurismi intranidali sulle arterie afferenti o lungo il decorso delle vene di scarico.

Come viene trattato

Per quanto riguarda le MAV rotte la necessità di trattamento è condivisa.

Per quanto riguarda quelle non rotte tale opzione è più controversa con alcune scuole di pensiero ed alcuni studi (ARUBA) che sostengono che la storia naturale della malattia sia nella gran parte dei casi migliore rispetto a quella di una MAV trattata.

L’opzione conservativa resta quindi valida per MAV non rotte in cui il rischio del trattamento sia stimato dagli esperti essere alto. Il trattamento, quando ritenuto necessario, si avvale dell’utilizzo singolo o combinato di una delle seguenti opzioni terapeutiche: chirurgia, embolizzazione (terapia endovascolare) e radiochirurgia.

Trattamento Chirurgico: spesso salvavita ed eseguito in emergenza in caso di MAV rotte, prevede l’utilizzo della microchirurgia e di vari altri presidi tecnologici atti a migliorare il risultato dell’intervento come: neuronavigazione, monitoraggio neurofisiologico, videoangiografia/angiografia digitale intraoperatoria, ecografia ecc, ecc.
Nel caso di MAV rotte l’evacuazione dell’ematoma viene seguita dalla rimozione del nidus dopo aver chiuso tutte le afferenze arteriose. L’intervento in caso di MAV non rotte viene eseguito d’elezione, pianificato e gestito insieme al radiologo intervenzionale che può essere di grande supporto chiudendo prima dell’intervento le afferenze difficili da raggiungere per via chirurgica diretta, perché profonde o in sedi eloquenti. Le possibili complicanze, oltre a quelle relative a qualsiasi intervento craniotomico (infezioni cerebrali e meningee, ematomi post-operatori, …) sono legate al possibile sanguinamento e rottura intraoperatoria della malformazione artero venosa.
A distanza di qualche giorno dall’intervento si possono verificare infarcimenti emorragici tardivi della regione operatoria legate alla violenta riperfusione dei territori prima ipoperfusi o all’ostacolo di drenaggio venoso (fenomeno del breakthrough).

La probabilità che si verifichino complicanze in seguito alla chirurgia è stata studiata da Spetzler e Martin che hanno costruito una scala dedicata che divide le MAV in 5 gradi di complessità a mortalità e morbidità crescenti nel caso si decida per l’opzione chirurgica. La classificazione di Spetzler-Martin prende in considerazione la dimensione della malformazione artero venosa, la sede del drenaggio venoso (superficiale/profondo) e la sede della malformazione artero venosa (eloquente/ non eloquente) dando ad ognuna un punteggio.

Trattamento Endovascolare (embolizzazione): anche questa metodica si può porre come strumento salvavita in MAV rotte in cui sia possibile identificare ed arrestare l’emorragia attraverso una embolizzazione mirata in emergenza.
Un tempo l’occlusione del nidus della MAV non rotta attraverso agenti embolizzanti veniva considerato anche come unica opzione terapeutica.
L’esperienza successiva ha però dimostrato che le MAV “guarite” attraverso questa unica opzione rappresentano la stragrande minoranza, mentre i rischi associati a questa unica forma di trattamento possono essere di gran lunga superiori a quelli della storia naturale della malformazione stessa.

Il trattamento endovascolare singolo non viene generalmente più proposto e l’embolizzazione viene inquadrata in un contesto multidisciplinare in cui tale tecnica si utilizza come supporto della chirurgia o della radiochirurgia.
Eseguita in una sala angiografica ad opera di esperti radiologi interventisti, questa tecnica prevede di sfruttare i vasi del corpo per raggiungere in maniera mini-invasiva la MAV e iniettare localmente colle speciali o altre sostanze capaci di occludere i vasi che compongono la malformazione.
I rischi correlati a questa tecnica durante o immediatamente dopo il trattamento includono l’emorragia cerebrale da rottura della MAV o dei vasi afferenti ed efferenti e l’ischemia cerebrale da involontaria occlusione di vasi che nutrono il parenchima cerebrale sano. Nei mesi successivi, se la MAV viene incompletamente occlusa, il rischio di emorragia cerebrale è più alto rispetto a quello della storia naturale. Inoltre la MAV parzialmente embolizzata può reclutare nuove afferenze che portano ad un aumento volumetrico della lesione stessa.

Trattamento Radiochirurgico: la radiochirurgia si avvale di raggi x o gamma concentrati in maniera mirata e controllata su un particolare bersaglio al fine di produrre danni selettivi dei vasi del nidus che, attraverso un processo di trombizzazione e proliferazione endoteliale (l’endotelio e il rivestimento interno dei vasi), può portare alla progressiva occlusione della malformazione artero venosa negli anni seguenti il trattamento.
Finché la malformazione artero venosa non è completamente occlusa il rischio di rottura permane. Inoltre, la somministrazione di raggi x o gamma, espone il paziente ai ben noti effetti collaterali della radioterapia (radionecrosi, sviluppo di neoplasie radio-indotte, ecce cc)

L’obiettivo finale del trattamento mira a preservare l’integrità neurologica del soggetto e ad azzerare il rischio di sanguinamento. Tale obiettivo deve sempre essere perseguito nell’ ambito di una strategia multidisciplinare in cui il piano di cura sia definito in modo completo dall’ inizio per non rischiare un trattamento parziale della MAV che rischia di essere più di danno che di aiuto.

FAQ - Domande frequenti

La MAV è una patologia solitamente congenita che può restare per lungo tempo asintomatica sviluppandosi in genere insieme al cervello del soggetto. La cefalea è un sintomo comune, ma assolutamente aspecifico, nei pazienti affetti da MAV. Spesso il segno clinico di una MAV che porta alla diagnosi è la comparsa di crisi epilettiche o di un sanguinamento intracerebrale, che comporta l’insorgenza di deficit focali (emiparesi, emiplegia, emianopsia, disturbi della parola, segni e sintomi cerebellari,…) o sintomi simili all’ictus.

Se la MAV si rompe e dà un’emorragia cerebrale, come per gli aneurismi rotti, la degenza dipende dalla gravità del quadro clinico dovuto all’emorragia cerebrale. In caso di MAV non rotte il ricovero dura circa 7-10 giorni. Escludendo il day-hospital per effettuare tutti gli accertamenti e gli esami pre-operatori, il paziente viene ricoverato il giorno antecedente a quello previsto per l’intervento. In seguito all’operazione il paziente viene monitorato circa una settimana al fine di verificarne la ripresa dopo l’intervento e per escludere la comparsa di complicanze. Una volta appurata la riuscita dell’intervento ed escluse complicanze acute, il paziente può tornare a domicilio per la convalescenza.

Il periodo di convalescenza dipende fortemente dall’età del soggetto e dalle sue condizioni di salute preoperatorie. Eventuali deficit insorti nel primo post-operatorio possono essere recuperati nel corso dei mesi successivi. Se non vi sono deficit neurologici in genere il paziente ritorna alla sua normale attività quotidiana entro un mese.

Le MAV sono patologie congenite di natura malformativa, una volta trattate chirurgicamente e dimostrata l’assenza di residui all’angiografia post-operatoria, il paziente può essere considerato guarito. In letteratura sono stati riportati pochissimi casi (<30) di pazienti, prevalentemente pediatrici, con ricomparsa di MAV dopo resezione chirurgica completa confermata dall’angiografia.

In caso di MAV non rotte, senza deficit neurologici e senza epilessia non sono necessarie ulteriori cure. In seguito all’intervento vengono normalmente consigliate terapie riabilitative qualora il soggetto presenti dei deficit che possano giovarsi delle stesse. In caso di epilessia la terapia deve proseguire dopo la resezione ed essere poi rivalutata a distanza per l’eventuale sospensione. Il percorso post-operatorio viene quindi deciso per ogni singolo paziente.